Essere genitori ipovedenti o non vedenti

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Com’è essere genitori se si è ipovedenti o non vedenti?
C’è qualcosa che cambia nelle modalità di crescere i figli?

La domanda la pone uno dei membri di un gruppo Facebook dove i membri sono principalmente persone cieche e ipovedenti.
Il gruppo si chiama Ciecandoscherzando e per ragioni di privacy non verranno riportati i nomi delle persone che hanno riportato i commenti.

La domanda non è nuova. Tanti se lo chiedono e tanti sono i ciechi che hanno scelto di non avere figli.
Il dibattito si è acceso a livello mediatico quando Annalisa Minetti ha pubblicato una foto con suo figlio su Instagram, scatenando polemiche di basso livello del tipo “Da cieca, non avresti dovuto mettere al mondo un figlio
Al di la’ di queste sterili discussioni ci sono anche articoli che approfondiscono il tema, come quello di Chiara Schiroli,e di Carmen Morrone dal titolo Essere Mamma, scritto per il Corriere dei Ciechi.
Negli articoli citati si trovano spunti interessanti, tuttavia questo tema delicato e molto sentito meriterebbe una trattazione più ampia e dei riferimenti più precisi.
Spesso la risposta a questa domanda viene lasciata ai singoli, e probabilmente è così che deve essere, ma in alcuni casi una persona preparata potrebbe fornire gli strumenti adatti per orientare la scelta in modo consapevole e con la giusta convinzione, per non incorrere in rimpianti o rimorsi.

In questo articolo raccogliamo alcune delle testimonianze del gruppo Facebook, per renderle disponibili e consultabili, sperando di fornire una casistica variegata di esperienze personali.

D. Io sono padre di due ragazzi di 14 e 11 anni e a sentire parlare loro sono molto meglio di tanti papà vedenti

F. Credo che la paternità o la maternità siano eventi che fanno maturare notevolmente le persone, compresi i non vedenti! Conosco genitori non vedenti assolutamente valorosi con figli educati in maniera esemplare.

ML. Io sono figlia di un padre non vedente e posso dire che mi ha sempre seguita e compresa. Ovviamente non so come sarebbe stato se avessi avuto un padre vedente, ma comunque a me che non vedesse l’hanno dovuto dire, (facevo la terza elementare) perché non me ne ero mai accorta: non mi ha fatto mai mancare nulla. Certo, mia madre è stata una grande e anche le famiglie di provenienza hanno avuto un ruolo fondamentale. Certo, non mi leggeva le favole, ma c’erano le audiocassette. Mi pettinava i capelli, ascoltava i miei temi di italiano e mi ha insegnato a nuotare e andare in bici. Non credo che il non vedere influisca sull’essere un buon genitore, c’è chi non è portato e c’è chi lo è nonostante qualche limite.
Credo fermamente che non ci sia differenza tra chi vede e chi no. Ci sono modi alternativi per affrontare una disabilità.
La cosa più bella è che si impara a guardare e trovare bellezza in ognuno. E allora scompaiono le differenze e si apprezza la diversità, che è sempre una potenziale opportunità.

D. E’ una cosa su cui ho sempre riflettuto. In certi periodi mi dico che è natura e che, come con altre cose difficili, troverei delle strategie che mi consentirebbero di prendermi cura di un figlio o una figlia. Altri invece penso che sarei semplicemente egoista e che non potrei mai prendermi cura in toto della creatura e potrei caricare troppo il mio compagno di responsabilità.
Avere una tata automunita potrebbe essere una soluzione, però mi viene in mente tutto il periodo di quando il bambino è neonato o comunque molto piccolo. Si sta tanto in casa e anche la casa può essere un luogo pericoloso e stargli dietro senza vedere nulla sicuramente è più pericoloso che in altre circostanze.
So che genitori non vedenti utilizzano il bastone bianco e il cane guida portando il bimbo piccolo in fascia oppure nello zainetto.
Sono delle soluzioni pratiche, tuttavia non risolvono il problema della quotidianità in casa.
È la mancanza totale di autonomi al 100% che mi turba. Il fatto di doversi sempre appoggiare a qualcuno, è una cosa su cui ho sempre lavorato nella mia vita fino a raggiungere una piena autonomia. Mi peserebbe dover tornare a dipendere da altri per crescere un bimbo.

C. Io non ho figli ma ho un nipotino che adesso ha cinque anni. Quando era piccolo e neonato la cosa era molto più semplice. Dovevi semplicemente cambiarlo, dargli da mangiare e lui stava tranquillo. Quando ha cominciato a muoversi, imparando a conoscerlo, riuscivo anche a capire dov’era e cosa faceva. Ti assicuro che lui ha imparato a sua volta a rapportarsi con me. Quando vuole farmi vedere qualcosa, mi allunga un oggetto perché possa toccarlo. Quando lo chiamo e gli chiedo dov’è mi risponde sempre. Tu devi imparare a rapportarti con un bambino piccolo, ma lui deve imparare a rapportarsi con te. Mia sorella ha provato a lasciarmelo per pomeriggi interi perché era a casa dall’asilo nido e mia madre andava al lavoro. Lo tenevo io, gli davo la pappa e gli facevo fare il pisolino pomeridiano. Concordo sul fatto che alcune cose possono essere fatte e devono essere fatte in autonomia, mentre altre hanno bisogno di un appoggio e di un aiuto. Detto ciò non deve sempre esserci una persona vedente accanto a te, ma soltanto nei momenti in cui tu non arrivi a fare quella cosa.
I primi tempi mia sorella voleva lasciarmi il bambino, mentre io non volevo perché non mi fidavo. Aveva lei più fiducia di me di quanta ne avessi io di me stessa. Poi ho ceduto perché c’era necessità e mi sono ingegnata per vestirlo, fagli fare il pisolino senza che cadesse dal letto e tenerlo in braccio quando urlava per le coliche. Devo dire che mio nipote per me è stata una piccola prova per valutare quanto fossi in grado di prendermi cura di qualcun altro. Ovviamente non ho l’esperienza di un vero genitore a tempo pieno ma il rapporto che ho con lui mi piace molto e sono molto contenta dell’esperienza che ho potuto fare. E che continuerò a fare. Chissà se un giorno avrò un bambino mio…

S. Vai tranquillo, anche se sei cieco puoi essere un buon papà! Ma perché pensi che i vedenti crescano i figli tutti nello stesso modo o che ci sia una ricetta per crescerli? Avere una disabilità non vuol dire essere per forza un cattivo genitore e essere incapace di accudire ed educare un figlio.

L. Personalmente non metto in dubbio che crescere dei figli non vedendo sia possibile e che si possa essere dei bravi genitori, ma ci sono sicuramente tante difficoltà in più che i vedenti non hanno.

R. Io mi sono avvalsa dell’aiuto di babysitter fino all’età scolare. Poi per i cinque anni della scuola elementare mi sono rivolta all’agenzia International Au Pair e ho avuto ragazze alla pari di diverse nazionalità. Oltre alla difficoltà che comporta indubbiamente la disabilità visiva c’era anche la componente lavorativa per cui non avremmo potuto conciliare l’orario di lavoro con la gestione della bimba, nel nostro caso nonni e zii non abitano nella nostra città. Quando nostra figlia era ammalata per più giorni a volte arrivava la nonna in soccorso!
Mia figlia ha frequentato la scuola a tempo pieno quindi aveva i compiti solamente nel fine settimana. Non ricordo di aver avuto particolari problemi, i bambini imparano molto presto a leggere quindi lei leggeva ad alta voce e io sono riuscita a seguirla sempre. Nei casi in cui era assolutamente necessaria un’occhiata vera e propria interveniva il papà, comunque il suo intervento devo dire che si è reso necessario molto di rado.

A. Io sono diventata cieca quando mia figlia ha iniziato le scuole medie quindi per me è stata una tragedia che per un po’ mi ha fatto vacillare. Non sapevo se sarei stata in grado di affrontare la sua adolescenza. Prima mi bastava guardarla per capire i suoi turbamenti, i suoi problemi molteplici a quella età poi con il tempo ho imparato a drizzare le orecchie forse per un po’ sono stata eccessiva. Sinceramente penso che qualche cosa inevitabilmente si perda.

L. È vero le difficoltà ci sono, anche in casa ma noi abbiamo assicurato la casa in tutti i modi. Per esempio i cassetti li abbiamo chiusi con dei ganci particolari che si comprano alla sanitaria, per le prese abbiamo messo le protezioni, e poi sia io che il mio compagno gli stiamo sempre dietro. E quando usciamo o io e il mio compagno ce l’abbiamo nello zainetto se lo porto io guida il mio compagno, o viceversa. O a volte usciamo anche da soli con il bambino e quindi camminiamo con il bambino nel marsupio.
Mi trovo più comoda con il marsupio perché avendolo davanti riesco a gestirlo meglio se piange ho ha bisogno di qualcosa.

Diverse e molto discutibili le opinioni in questo forum ma sicuramente offrono altri punti di vista che nel gruppo Facebook non sono emersi.
Sarebbe interessante conoscere le ragioni di quelle coppie che hanno scelto di non avere figli e come si riesce a convivere con questa scelta.

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