Eclissi, paura e coraggio. La pace possibile.

di
3 agosto 2018

Siamo ancora immersi in un periodo particolare dal punto di vista astronomico, e – per chi crede – astrologico. É il corridoio delle eclissi, un portale di rinnovamento, una fase energetica particolare in cui – chi più e chi meno – è facile sentirsi destabilizzati. É il sintomo del cambiamento. Nadia ne ha scritto prima di assistere all’eclissi di Luna del 27 Luglio. Ora, mentre andiamo verso l’ultima eclissi di questo periodo, parziale di Sole, condivide il racconto di quella notte magica vissuta lungo il sentiero che porta alla Croce Arcana (MO).

“Andiamo a guardare l’eclissi di Luna alla croce Arcana?” “Si, partiamo da Capanna Tassoni e saliamo a piedi”. Zaino, scarponcini da trekking, immancabili bastoni per tastare il terreno, e si va. Si parte come quando si è in sintonia su qualcosa, e con Mari è stato così. Eravamo in linea: questa eclissi sarebbe stata il nostro nuovo inizio, o forse l’ennesimo passo in avanti nella vita di due donne in cammino costante. E non c’è stato un mezzo dubbio nemmeno quando abbiamo capito che saremmo state sole a tornare al buio lungo la stradina che taglia il bosco. Non possiamo contare sulla stazza delle lottatrici, per altro io vedo pochissimo e il buio non aiuta. Ma siamo decise.

Mari porta con sè la sua attrezzatura da fotografa, io il binocolo, giusto per sperare di carpire qualcosa in più di questo gioco di luci, ombre e riflessi rossi che andrà in scena in cielo.

“Nadia attenta, aspetta, lì c’è… Ma come posso guidarti? Dimmi come posso aiutarti, io non lo so”. Eccole le domande classiche, quelle che più o meno con premura, con preoccupazione o in leggerezza, si farebbero tutti… Credo. E di nuovo quella voce da dentro di me, che, certa che andrà tutto bene: “Mari, non farti troppe domande, ci assesteremo man mano, lungo il cammino”. Qualche minuto di confortevole luce crepuscolare e d’un tratto mi ritrovo a gioire della luce fuori dal bosco. Di solito mentre cammino in natura desidero l’ombra, cerco il bosco, mi spaventano i prati al sole con tutta quella luce abbagliante. Ora mi trovo a sospirare con un certo sollievo quando vedo il cielo violetto sopra di noi.

Forse è così che succede a chi vive altre forme di ipovisione?

Siamo tutti così diversi noi ipovedenti, e forse questa eclissi mi sta regalando anche uno scorcio su un’altra verità di questo vederci poco che pare un mondo infinito di sfumature… Un buon promemoria sull’importanza di saper cambiare punto di vista.

Buio. Non ho mai camminato in natura al buio. Come mi farò guidare ora? Non vedo. Ok la fotofobia, ma non sono ancora una gatta a tutti gli effetti: “Mari proviamo la luce del frontalino?” Si va per tentativi, e alla fine il frontalino lo indossa lei. e fa strada, salvo poi abbagliarmi senza volerlo quando si gira per chiedermi se è tutto a posto. E ancora sorridiamo a ripensarci.

Arriviamo alla Croce Arcana. Mille persone in attesa dello show. In lontananza un gruppo di fedeli canta la sua preghiera.  In cielo ci sono tante luci: “Ma qual’è la Luna Mari?” “E’ lassù, vedi sopra l’altra luce che dovrebbe essere Marte?” Ammicco. Ripercorro con il mio sguardo sghembo il pendio della montagna davanti a noi. C’è una luce bassa in effetti, mi sembra quasi un lampione… Ma no, sarà quella. Aspetta annuso del rosso. “Guarda un po’ più a sinistra e in alto, quella è la Luna”.

Eccola!

E poi c’è la banalità della paura che fa capolino tra i desideri che si stanno realizzando. Finalmente siamo in cima, il cielo è sereno e lo spettacolo è proprio davanti a noi.  Cerchiamo un posticino dove stendere il telo termico, mangiarci il panino sotto la Luna e posizionare il cavalletto per la macchina fotografica. “Ho paura che mi punga una zecca!” “Cavoli anche io!”. Una ha percorso la Via degli Dei da ipovedente e quell’altra si è scalata il Palon de La Mare, siamo qui per l’eclissi più lunga del secolo solo con le nostre gambette e i nostri zaini e abbiamo paura delle zecche! Ma anche questo è essere Umani.

E’ tanto buio quassù. Senza Luna. Forse è addirittura dietro la montagna. Tornerà ad illuminarci, ma ora è buio. Come al sole in spiaggia non ho profondità nè orientamento. E’ ora. “Mari, non vedo niente, facciamo così che mi guidi tu come faceva Sharon con i miei compagni non vedenti lungo i sentieri del Mugello”. Perchè funziona così: impara l’arte e mettila da parte. Le porgo le punte delle bacchette, lei le impugna e si procede in modo che io senta i suoi passi nelle mani. Scolliniamo e boom! Eccola lì, a braccetto con Marte. Eccolo il nostro posticino, lato stradina, al sicuro dalle zecche e dal vociare sghangherato del piazzale. Sotto di noi la Toscana con le sue lucine e là di fronte, tutta nostra, lei. E lui, più luminoso che mai il pianeta rosso, quello che governa gli istinti più decisi, per non dire violenti e bellicosi.

Infilo gli occhi nel cannocchiale e mi godo lo spettacolo, mentre Mari è un tuttuno con la sua macchina fotografica, cerca la quadra tra la messa a fuoco e lo zoom e chissà cosa si inventa. Sono seduta sul telo e la sbircio mentre armeggia con i ferri del suo mestiere. E ripenso a come – quasi per magia – ci siano bastati quattro kilometri, e forse molto meno, per  imparare a camminare insieme. E ogni volta mi stupisco di come sembri così complicato spiegare come vedo e come mi si può aiutare. Camminare con me significa vedermi passare da situazioni di autonomia quasi completa e andatura sciolta a tratti in cui ho bisogno della stessa guida di cui ha bisogno un non vedente, il tutto intervallato da momenti di difficoltà più o meno intensa, più o meno evidente.

Guardo Mari e mi stupisco di come in realtà sia più facile di quanto sembri. Lo ripeto spesso: l’ipovisione non la capisci. L’ipovisione non la spieghi a parole. L’aiuto di cui hai bisogno lo chiedi, ma non è detto che siano le parole a darti garanzie di riuscita. L’ipovisione la osservi, la sbirci, la ascolti. Capire è un’altra cosa.

Sarebbe come osservare un’eclissi ragionando solo sugli angoli e le proporzioni. Che spettacolo guarderemmo? Come potremmo emozionarci della meraviglia che abbiamo intorno a noi armati solo di goniometro e razionalità? Capire può essere utile, ma sintonizzarsi e sentire restano i passaggi essenziali.

E ancora una volta mentre scrivo di ipovisione e ne vedo le assonanze con la magia dell’eclissi, mi rendo conto che tutto si lega e tutto ritorna, e che parlare di ipovisione è parlare di vita, di sguardi diversi e di sfide comuni a ciascuno di noi Umani che ci incontriamo, ci conosciamo e se non possiamo capirci, possiamo sempre scegliere di ascoltarci.

Scrivevo QUI di come questi fenomeni astronomici possano darci lo spunto per riconoscere le nostre ombre e riconciliarci con esse, di come ci suggeriscano che dietro il buio che ci fa tanta paura, ci sia solo un altro pezzo di noi da scoprire. Guardare dritto ai nostri limiti, accoglierli e da lì ripartire per scovare faccia di questo: le risorse. Tanta ombra, tanta luce. Tanto buio, tanta Luna.

Quel che non è chiaro, puoi chiederlo.
Quel che non vedi, puoi sentirlo.
Quel che non capisci, puoi sempre ascoltarlo.

E il dono è già nelle tue mani.

 

 

 

 

 

 

 

 

Si ringrazia la fotografa Marianna Grandi per i suoi scatti
www.mariannagrandiphoto.com

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