Le finestre sono gli occhi delle case.

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Discoteche di cortile a Palermo, proiezioni di film sulle pareti di fronte, giochi a distanza…
Sono milioni le storie che l’Italia in quarantena sta vivendo.
Noi vi raccontiamo quella di una nostra socia, che forse, è il pretesto per invitare per un caffè i vostri vicini di casa, che, magari, non avete mai visto.
E quelle finestre, sempre chiuse, diventano i nuovi occhi delle case.

“Abito in questa casa da quasi nove anni e, da allora, il balcone della mia cucina è stato confinato da una tenda bianca, coprente.
Non è stata solo una protezione dalla pioggia e dal vento ma anche dalla vista delle case del cortile di fronte.
Troppo poco “estetiche da guardare e da accogliere .
Due giorni fa, una musica ha rotto il silenzio che avvolge tutti noi e mi sono affacciata.
Una voce mi ha salutata e in eco con la la mia è diventata una melodia umana, troppo spesso dimenticata .
Per anni ho prestato attenzione alla bellezza (o bruttezza) dei muri e delle ringhiere dei palazzi circostanti e non ho pensato alla “bellezza” di chi è lì dietro .
La donna con cui la mia voce ha risuonato mi ha proposto di condividere, a distanza di cortile, un caffè.
Stamattina abbiamo spalancato le nostre finestre, io ho appeso alla tenda bianca lo striscione giallo con il nostro richiamo #YELLOWTHEWORLD
e ho esposto gli occhiali gialli a forma di cuore.
Abbiamo preparato un vassoio con una tazzina e condiviso il profumo che usciva dalla caffettiera .
Un profumo nuovo.
In questo profumo, in questo caffè c’eravate anche voi.
Mi sono commossa.”
Lucia C.

 

“Il silenzio si ruppe tutto ad un tratto in casa mia, il rumore del mio Jambé , aveva dato il ritmo un po’ improvvisato a quel venerdì pomeriggio e piano piano sentii nelle case vicine che si aggiunsero al mio appello, c’era chi suonava la chitarra, chi la fisarmonica o chi semplicemente alzava il volume della radio.

E il mio ritmo, che ero andato recuperare in qualche posto lontano. Era così bello ed emozionante suonar quello strumento che quando finii mi senti meno solo, meno spaventato da questo nemico così silenzioso ed invisibile; è bastato solo unirmi anche io per un attimo al corato appello di un semplice Flashmob e scacciar via tutte le mie ansie e paure, suonando e divertendomi al ritmo scalzonato e improvvisato, quando ad un tratto sentii dall’altra parte della strada un semplice “Grazie” e non so se fosse rivolto a me solamente, Mi piace pensare così, perché ad Aosta nella mia via, ho dato inizio a a qualcosa che stava accadendo in tutta Italia.

Quel silenzio che oramai non siamo più abituati a sentir, non siamo più abituati a star con noi stesi o con i nostri cari, sempre presi da mille impegni, sempre connessi e a dar visibilità alle nostre giornate e perché? Beh semplice, siamo tremendamente voyeristi e sempre con il bisogno di aver qualcuno o di scrutar la vita degli altri. Ma questo momento in cui dobbiamo rimaner in casa impariamo che si può far tanto anche con chi ci è accanto o con noi stessi, impariamo che non tutto deve esser visto, sentito o commentato, coltiviamo di più il rapporto umano tra noi e lasciamo che il tempo scorra, lasciamo che questo momento di paura e smarrimento ci possa insegnar a cercar la positività e la speranza di un domani più bello e meno egoistico.

Io ho scoperto che suonar euno strumento, anche in modo amatoriale, aiuta a scaricare le tensioni. Mi ha fatto sentir bene e invece sabato quando c’è stato il flashmob degli applausi per chi ci sta assistendo e cioè i medici, farmacisti, infermieri, è stato emozionante dare il mio grazie, un così piccolo gesto ma così forte e potente.”

Marco Marredda

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