Ecco perché sostenere la ricostruzione del vascello HERACLITUS

1948

Nel 2007 mi sono innamorato di una ragazza. Mi raccontava storie di una barca nera. Storie di marinai sugli oceani, che navigavano per tutto il mondo. Non so se mi sono innamorato solo di quella ragazza o anche della barca, ma dopo pochi mesi ho deciso di andare al porto, dove entrambe erano ancorate.
A quel tempo la barca sembrava più un relitto appena estratto dal fondale.
Non riuscivo a riconoscerla, non era più quella che avevo incontrai alcuni mesi prima.

Ma orami ero lì, ai margini del Sudafrica, tra Oceano Indiano e Atlantico, tra terra e mare, tra il mio passato e un futuro completamente sconosciuto.
Nessun lavoro, nessuna casa dove tornare.
Così sono rimasto, ho lavorato sodo, martellando lo scafo di cemento di quella che un tempo una pietra galleggiante.

Poco prima di Natale la barca era pronta per salpare. Nera, rossa e bianca. Di nuovo lucente. Galleggiante.
Nonostante il piano iniziale di costeggiare il Sudafrica e la Namibia ci dirigemmo direttamente verso il Brasile. Non c’era modo di tornare indietro.
Questa era la mia prima volta su una barca a vela. L’equipaggio era composto di persone provenienti da tutto il mondo, alcune di loro sarebbero diventati amici.

La traversata dell’oceano è durata 60 giorni. Acqua e cielo, acqua e cielo. Orizzonte tutto intorno, per giorni e altri giorni. Alba dietro la poppa, tramonto davanti alla prua.
Niente cambia e niente è uguale. Sei costantemente in movimento verso la destinazione e in balia delle onde. Quattro ore di guardia ogni otto ore. Per giorni e altri giorni. Albe e tramonti. Vento e sole. Onde e sale sulla pelle.
L’ unica costante è il cambiamento ” (Eraclito) era un mantra della routine quotidiana, che come un’ arancia meccanica era il motore umano di un vascello di vecchia scuola nautica.
Cene in mezzo al buio, le stelle che gli altri vedevano per me. Cime che tamburellavano sul ponte, cigolii, luce di una lampada a olio. La mia torcia frontale che illuminava il pasto sul piatto di metallo.

Questa non è la storia di quei due anni che ho trascorso in giro per il mondo, questo è solo lo sfondo del mio cambiamento. Qualcosa stava succedendo, ma non lo sapevo.Il vuoto dell’universo intorno a me dava spazio alla mia anima e allo spirito. Ogni marinaio dice che l’oceano è enorme, il cielo è infinito e che ti senti piccolo sull’acqua, così profonda sotto la superficie che vedi.
La profondità sconosciuta dell blu, la distanza ignota del cielo.
È questo lo specchio del tuo inconscio? Che effetto ha su di te?
Non lo sai. Né quando sei lì né quando. tocchi di nuovo terra

Penso di averlo capito oggi. Mi sono reso conto che quel lungo viaggio  mi ha insegnato ad accettare la sindrome di Usher. Giorno dopo giorno dovevo imparare ad ascoltare e a far sapere quello che non sentivo. Ho imparato a vedere con gli occhi dei compagni marinai, ho imparato ad accettare i miei limiti e vederli come una differenza che mi rende chi sono, ne’ peggiore, ne’ migliore. Semplicemente me.

Ora la barca è a Roses, in Spagna.  Lontana da Città del Capo.
Ha un telaio metallico completamente nuovo, pronto a ospitare il cemento delle sue curve.
Cos’ è rimasto della barca su cui ho navigato?
L’anima.
E questa dovrebbe navigare ancora.
L’anima non è fatta di cemento, di acciaio o di vernice. È fatta di coloro che  hanno costruito la barca, quelli che su di essa hanno navigato, coloro che hanno dipinto gli occhi, hanno scritto il suo nome, coloro che l’hanno vista sull’orizzonte, ancorata in qualche baia, accanto a un peschereccio tailandese.
Per questo motivo questa barca deve navigare ancora.
E ha bisogno del tuo aiuto.
L’equipaggio ha lanciato una raccolta fondi per una somma piuttosto elevata. Si potrebbe comprare una barca nuova con gli stessi soldi, soprattutto se si aggiunge l’importo probabilmente già speso per arrivare a questo punto.
Ma di tutte le storie che ho sentito in tutto il mondo, non c’è una barca di questo tipo, da nessuna parte.
Non esiste un mezzo di trasporto che consente ai viaggiatori di toccare veramente il pianeta, le culture e la bellezza.

Potevano impostare l’obiettivo su un milione di dollari. Sarebbe uno yacht  scintillante. Ma chi vorrebbe salirci? Sicuramente non coloro che cercano la verità dell’amore, della vita, della natura.

E’ stata dura nel 2008. Ho pianto da solo, nella mia minuscola cuccetta invasa dal vento, alla fine del mio turno di guardia.
Il profumo di pane appena sfornato arrivava alle mie narici mentre cercavo di dormire.
Ma anche quel dolore, quel paesaggio costantemente piatto mi hanno permesso di cambiare.
Mi sono innamorato di nuovo. Era così bella. Ho imparato a piacermi per tutto quello che ero.
E’ stato in quei giorni che ho gettato i semi di NoisyVision. Sono cresciuti per diventare questo sito web, sono diventati la campagna #YellowTheWorld, sono diventati la vera accettazione della disabilità che mi ha fatto capire che non è il nostro corpo, non i nostri occhi, le orecchie che ci rendono persone. E’, ancora una volta, la nostra anima.
Ho portato queglistessi semi sulle Himalaya.
Ero innamorato di nuovo.

Il suo corpo è nero e rosso. Le sue vele sono bianche. Gli occhi sono colorati. .
Era un relitto e poi ha navigato ancora.
Ora è fatta di acciaio, ma ha sete di mare, ha fame di onde.

Potresti essere tu il prossimo membro dell’equipaggio. Potrebbe essere qualsiasi altra persona che, come me, troverà la propria strada nelle avversità. O solo un posto nel mondo. Il tempo lento dei suoi movimenti, le lunghe distanze degli oceani sono la dimensione necessaria per il cambiamento.
E accadrà. E’ sempre successo.

Heraclitus ha bisogno del nostro aiuto per un nuovo corpo che le permetta di viaggiare di nuovo.
Ha bisogno di nuovi occhi sull’orizzonte.
Ha bisogno di galleggiare, di veleggiare e di innamorarsi ancora.

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