Amo immaginare la mia vita come la trama di un romanzo mai scritto

1995

Amo immaginare la mia vita come la trama di un romanzo mai scritto, in cui l’autore narra la storia di un bambino, che se pur nato con una seria patologia genetica agli occhi, la Retinite Pigmentosa, che lo potrebbe portare alla cecità, diviene adulto senza particolari traumi psicologici legati al suo handicap degenerativo. I genitori non più giovani del bambino, pur vivendo ansie e preoccupazioni per il futuro dell’unico figlio, sono riusciti a non trasferirgli i loro stati d’animo, ma grazie all’intelligenza, all’apertura mentale, all’empatia che li ha contraddistinti e al grande amore che hanno per il figlio oltre che per loro stessi, gli hanno trasmesso l’effettiva consapevolezza della malattia senza però mai farlo sentire un “diverso”, facendogli condurre una vita “normale” come i suoi coetanei, tutto ciò ha fatto sì che il bambino crescendo non abbia sofferto di stati d’ansia, preoccupazioni, difficoltà relazionali o stati depressivi, anzi da adulto manifesterà autostima, autonomia, creatività e sicurezza in se stesso e sarà sempre orgoglioso di stare al mondo prendendo tutte le cose buone che la vita gli donerà.
Avrà una gran passione per la “lettura” di libri dei più svariati generi, che anche se a lui preclusa a causa delle sue difficoltà visive, grazie alle tecnologie moderne, come computer, scanner ed audiolibri, potrà effettuare ugualmente, inoltre avrà un forte interesse per le discipline psicologiche che studierà per hobby senza però formalizzarne la conoscenza. Nel lavoro formalmente relativo all’informatica, si occuperà di pubbliche relazioni legate al turismo, avrà rapporti con fornitori di servizi e prodotti, avrà contatti con istituzioni estere per conto dell’azienda per la quale opera; l’occuparsi di tutto questo nonché della selezione e formazione del personale, che sfruttando il suo sesto senso e le sue conoscenze psicologiche, lo porteranno ad essere considerato un vero e proprio punto di riferimento per molti, anche in campi o settori non di sua competenza, trasmettendo fiducia, sicurezza ed empatia, sarà sempre pronto a fornire informazioni e/o consigli utili nei limiti delle sue competenze a chi glie ne farà richiesta.
La vita lo metterà più volte a dura prova, facendogli conoscere prematuramente le difficoltà che essa spesso riserva agli esseri umani. La patologia diagnosticata in età prescolare che da quel momento progredendo inesorabilmente lo accompagnerà per tutta la vita con tutte le difficoltà che ne comporta l’esserne affetto, la prematura scomparsa del padre e poi della madre, il licenziamento dal lavoro che ama moltissimo, la separazione dalla moglie, sono alcuni degli eventi che affiancati alle gioie vissute, affronterà sì con difficoltà, ma che comunque riuscirà sempre a superare non perdendo mai di vista il futuro che riserva sempre novità positive.

Mi chiamo Vincenzo Luigi Milanesi, sono nato a Roma cinquanta anni fa dove vivo tutt’ora. La Retinite Pigmentosa mi è stata diagnosticata immediatamente prima di iniziare la scuola all’età di circa quattro anni dal Prof. Giancarlo Falcinelli, il quale, sempre sulla “cresta dell’onda” e tutt’ oggi leader mondiale indiscusso in determinati interventi chirurgici, mi tiene ancora sotto controllo. La degenerazione, nel mio caso, è stata fortunatamente molto lenta, e ciò ha fatto sì che io non abbia avuto un trauma improvviso.
Ho frequentato correttamente i tredici anni scolastici all’Istituto San Leone Magno di Roma, diplomandomi in maturità scientifica regolarmente senza perdere nemmeno un anno. La cosa più curiosa di ciò sta nel fatto che in tutta la mia vita, vista la mia patologia, non ho mai potuto leggere una sola pagina di un libro. Se oggi mi ritrovo ad avere una discreta cultura e comunque ad aver studiato, lo devo agli insegnanti ma soprattutto ai miei genitori ed al fratello di mia mamma. Questi ultimi mi hanno letto e spiegato assolutamente tutto ciò che non avrei potuto fare da solo, infatti, mia madre, laureata in Lettere, mi ha sempre aiutato in tutte le materie classiche, mentre mio padre, ufficiale dell’esercito che aveva frequentato l’Accademia Militare, mi ha aiutato in tutte quelle scientifiche e mio zio Giovanni Aquilecchia, grosso filologo del ‘900, studioso e ricercatore su tutto quello che ha riguardato Giordano Bruno, quando aveva tempo, supportava mia mamma nell’aiutarmi. L’unico grosso rimpianto sta nel fatto che mio padre è deceduto nel Marzo del 1982 e perciò non ha avuto la soddisfazione di vedermi finire la scuola, infatti mi sono diplomato a Luglio di quell’anno.
Dopo ho intrapreso gli studi universitari iscrivendomi dapprima a Giurisprudenza, e non riscuotendo i miei interessi, sono passato a alla Facoltà di Statistica, ma a quel punto mi sono reso conto che non potevo costringere mia madre e mio zio a “laurearsi nuovamente”, anche se loro per me lo avrebbero fatto sicuramente, e quindi ben presto ho lasciato perdere.
Verso i diciassette anni, poco prima di terminare il liceo, avevo acquistato da un mio compagno di classe, un vecchio computer per giocare, cosa che in effetti non mi ha mai appassionato, forse anche per il fatto che tutti quei colori, quei movimenti, ecc. a causa della mia patologia, mi creavano una gran confusione: invece, ritenevo interessantissimo comprendere come funzionassero questi ultimi, cioè “perché se premo un certo tasto il pupazzetto sullo schermo salta, o se ne premo un altro, questi va a destra o sinistra?, ecc.” e così praticamente invece di giocare mi sono messo a studiare da solo come erano fatti i programmi che permettevano il funzionamento dei vari giochi e piano piano ho imparato a programmare. La cosa mi era facilitata dal fatto che potevo vedere le scritte sul televisore di casa e quindi in maniera enormemente più grande che se le avessi dovute leggere su di un libro. Vista questa mia passione, nata così per caso, mia madre mi ha quasi costretto ad iscrivermi ad un corso di informatica tenuto dalla Regione Lazio, dove mi sono trovato estremamente avvantaggiato rispetto agli altri partecipanti che affrontavano per la prima volta un argomento di quel tipo. Questa cosa mi ha dato un’estrema sicurezza in me stesso, era infatti la prima volta che solo ed esclusivamente con le mie forze mi potevo confrontare e quindi mi trovavo addirittura ad essere avvantaggiato rispetto agli altri, e spesso anche preso come esempio positivo dagli insegnanti. Finito il corso, ho inviato il mio curriculum ad un’azienda che produceva software per conto dell’I.B.M., la quale mi ha contattato e dopo le routine di selezione, mi ha inviato una lettera di convocazione per firmare un contratto di formazione; nel frattempo, un’amica mi aveva informato di un annuncio reperito sul quotidiano «Il Messaggero» in cui la Valtur, un grosso tour operator italiano, richiedeva persone giovani ed esperte in informatica per tenere dei corsi di programmazione ai suoi clienti presso i propri villaggi turistici. Vista la semplicità della cosa che sarei dovuto andare a fare nonché l’allettante prospettiva di una vita all’aria aperta, ho provato a rispondere, e dopo il colloquio, lo stage di formazione ed alcune prove, sono risultato idoneo ed avendo nel frattempo respinto la precedente proposta lavorativa, nel Gennaio del 1986 sono partito per la mia prima destinazione. Dopo un po’ di tempo, il lavoro, che in effetti all’inizio mi piaceva molto, lo ho cominciato a ritenere estremamente riduttivo, viste le mie capacità e viste anche le potenzialità dei macchinari di cui disponevo, e confortato dal fatto che sia l’Ufficio Amministrazione, la Reception, i negozi, ecc. non erano meccanizzati, ho intrapreso l’ardua iniziativa, dapprima derisa un po’ da tutti, di provare a meccanizzare qualche ufficio, iniziando con lo studiare a tavolino e quindi analizzando le problematiche dei singoli settori con i responsabili degli stessi, per poi utilizzare l’hardware che avevo a disposizione e scrivendo io stesso i programmi. Posso dire che la cosa, senza non poche difficoltà di carattere esclusivamente burocratico e “politico”, alla fine ha funzionato ed ovviamente dopo poco tempo è divenuta indispensabile. Dopo alcuni anni che lavoravo ai villaggi, sono stato assunto presso la Direzione Generale dell’Azienda che si trovava a Roma, dove vi sono rimasto fino alla fine del 1997. Durante tutto questo periodo lavorativo, il mio ruolo era, oltre che quello dell’analista programmatore/sistemista, divenuto anche quello di responsabile del settore che coordinavo e quindi mi trovavo ad andare presso i vari villaggi ad effettuare controlli sui macchinari, sulle società consulenti esterne, sul personale che utilizzava software e macchine, mi occupavo della selezione e della formazione dei dipendenti del mio settore, pertanto viaggiavo spessissimo sia in Italia che all’estero prendendo a volte anche più di un aereo al giorno, e quasi sempre da solo. Posso dire tranquillamente, e con grande soddisfazione, di aver fatto carriera ma soprattutto senza l’ombra di una raccomandazione, infatti rispetto a quando sono entrato a far parte di quell’azienda, con un contratto di “pseudoconsulenza” stagionale, alla fine ero assunto a tempo indeterminato con il primo livello che era il massimo per gli impiegati.
Nel 1997 sono cambiati gli azionisti, quindi in un’ottica di ristrutturazione aziendale sono stati sostituiti anche i vertici della Società, con una serie di cambiamenti interni. Per l’ “occasione”, io sono stato licenziato perché grazie alla legge 626 sulla sicurezza dei lavoratori, come recita la mia lettera di licenziamento, vista la mia patologia io ero “inabile all’uso di videoterminali” e non ero “ricollocabile in altro ruolo”, pertanto oggi mi trovo a casa come pensionato, e, neanche a dirlo, continuo ad occuparmi di informatica oltre che ad ascoltare i miei audiolibri; inoltre sempre nel ’97, ad Aprile, mi sono sposato e la mia ex moglie è una psicoterapeuta.
Nella mia vita ho avuto anche diversi hobby sia per quanto riguarda lo sport che la musica. Oltre a tentare col tennis e con il calcio, ho praticato nuoto, sci e vela, in quest’ultimo ho anche vinto una coppa come II classificato in una regata svoltasi ad Anzio; per quanto riguarda la musica, oltre ad ascoltarla, ho studiato pianoforte nello stesso modo di come ho appreso le materie scolastiche e quindi senza leggere una sola nota sugli spartiti, infatti ho avuto un’insegnante che pazientemente mi leggeva le note per farmele imparare a memoria. Oggi oltre che ad orecchio suono anche pezzi classici che ho imparato a suo tempo. Altra passione che ho avuto la fortuna di poter coltivare fin da piccolo, grazie ai miei, e che mi accompagna tutt’ora, è quella per i viaggi, non a caso mi ero anche trovato un lavoro che mi portava a girare il mondo; comunque sia per lavoro nonché per diletto ho viaggiato molto, sia in Europa che in Africa, in Oriente e Sud America: ritengo che viaggiare, se fatto con intelligenza, sia sinonimo di conoscenza e quindi di cultura.
Chi legge quanto esposto se non sapesse della mia malattia non si meraviglierebbe di niente, dato che si tratta di esperienze che potrebbero essere vissute da chiunque. Quanti vanno a scuola regolarmente, fanno sport, studiano musica, ci provano con l’università, poi iniziano a lavorare dapprima facendo la gavetta poi andando avanti facendo carriera e magari viaggiando in tutto il mondo. Resta un po’ più difficile comprenderlo da una persona che aveva dall’occhio sinistro un visus di 1/25 e dall’occhio destro 1/50 contro i 10/10 in entrambi gli occhi che una persona normale dovrebbe avere. Volontà? Esperienza grazie al fatto che ci sono nato? Voglia di riscattarsi con la vita?… sinceramente non lo so…, forse un po’ di tutte queste cose, ma comunque devo dire che io vivo benissimo la mia condizione, infatti, chi non mi conosce e mi incontra per la strada, può pensare che io possa essere solo un forte miope, ma non immagina assolutamente la serietà della mia situazione, anche perché mi comporto normalmente, grazie anche alle tecniche da me inventate e che da sempre utilizzo per i miei spostamenti, come ad esempio quando percorro una scala per la prima volta, conto e memorizzo la posizione dei gradini, in maniera di poterla rifare tranquillamente da solo le volte successive e, perché no, anche velocemente.
Una cosa per me di enorme aiuto ed ormai oserei dire indispensabile, se dimentichiamo la beffa del licenziamento dovuta alla legge 626, è il computer, infatti grazie a questo posso “leggere” tutto ciò che non ho mai potuto prima e con Internet senza andare a sfogliare libri od enciclopedie, cosa che per mia indole e passione mi piacerebbe infinitamente, posso comunque trovare facilmente ed autonomamente qualunque argomento che mi interessi e “leggerlo”. Infatti la tecnologia è fortunatamente venuta incontro con i programmi di sintesi vocale e con gli scanner vocali, e quando c’è un testo, questo viene letto direttamente dalle macchine senza dover ricorrere all’ausilio di terze persone.
Un ricordo divertente è quello che all’età di circa tre anni mia nonna mi regalò il libro di Carlo Lorenzini, in arte Collodi, “Le Avventure di Pinocchio” con tutti i dischi riproducenti la favola. Io ero solito ascoltarla tramite il mangiadischi e seguivo sul libro guardando le figure. Avendo fatto quest’operazione una miriade di volte, avevo praticamente imparato a memoria tutta la favola che amavo ed amo tuttora moltissimo, infatti, l’appellativo “favola” per un capolavoro letterario come “Pinocchio” è assolutamente riduttivo. È capitato più di una volta che qualche parente o amico dei miei genitori mi abbia visto con il libro davanti sfogliarlo e recitare parola per parola il suo contenuto suscitando la meraviglia di quest’ultimo che diceva loro: “è un genio… a quattro anni legge così bene….”, ma mia madre e mio padre che mi conoscevano bene spiegavano che in realtà lo avevo imparato tutto a memoria, ma resta il fatto che nessuno aveva ancora sospettato il mio handicap.

Da oltre cinque anni ho una compagna che mi sopporta quotidianamente, dico sopporta poiché penso non sia facile stare con una persona come me, non tanto per le difficoltà dovute al mio handicap, ma al mio carattere, alla mia caparbietà e alla mia testardaggine. Fabiola, questo è il suo nome, mi ha spinto ad iscrivermi all’Università, posso dire che non ha dovuto sforzarsi molto, datosi che è sempre stato un mio sogno continuare gli studi, ma di sicuro avere accanto una persona che mi ha supportato in una decisione forse un po’ bizzarra come quella di “ritornare a scuola”, vista la mia età ed i miei problemi è per me una grande fortuna.

Per concludere, ritengo che se oggi ho il carattere che mi contraddistingue, se ho realizzato quello che ho potuto, se ho gli interessi che ho e vivo la mia vita nel modo che più mi piace, di doverlo solo ed esclusivamente ai miei genitori, i quali grazie ai loro sacrifici, alle loro rinunce, alla loro cultura ed al loro infinito amore che hanno avuto per me oltre che per loro, hanno fatto sì che io sia come sono. Se loro non avessero avuto l’intelligenza e l’apertura mentale che hanno avuto con me anche queste poche righe non avrebbero avuto modo di essere ed è per questo che non smetterò mai di ringraziarli.

Grazie Mamma… Grazie Papà…

 

di Vincenzo Luigi Milanesi

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