Una nuova sfida. Una nuova avventura. Colorare l’Everest di giallo per la Sindrome di Usher.

1936

Everest for visually impaired

Sto per partire di nuovo. Chi mi conosce sa che succede spesso.
Sono sempre in partenza. Sempre in cerca di nuove avventure e sempre alla scoperta di nuovi angoli di mondo che non conosco.
Tuttavia era da un po’ che non mi preparavo per qualcosa di grosso.
Non che ne avessi bisogno, almeno consciamente, ma in un modo o nell’altro mi sono messo ad inseguire un nuovo sogno: trekking sull’Himalaya, ai piedi dell’Everest (no, non saliro’ sull’Everest)

É da piú di due anni che ci penso, che desidero fare un altro percorso a piedi, dopo il Cammino di Santiago completato nel 2007.
Salire sopra i 5000 metri é un emblema della sfida, dell’estremo.

Ispirato dalle avventure e iniziative di Bill Barkeley ho cominciato a chiedermi perché io no?
Non che debba per forza emulare le imprese di altri e spingermi oltre limiti che non mi appartengono, ma é evidente che ho bisogno di continui stimoli e di nuove emozioni. Li cerco nei viaggi e nelle esperienze che mi portano alla scoperta del mondo, delle culture, della natura, della gente.
Sicuramente i racconti di chi é stato in Nepal e sull´Himalaya e di qualche caro amico che ama la maestositá della montagna mi ha incuriosito al punto da volere conoscere questo nuovo immenso.
Ho conosciuto e vissuto l’Oceano Atlantico del Sud, ho attraversato l’Outback australiano, mi mancava arrivare piú vicino al cielo e conoscere il silenzio dell’aria.

La domanda che io stesso mi pongo é: sono un incosciente? Mi sto spingendo troppo oltre?

Ovviamente la risposta non esiste, perche’ dipende dai punti di vista e dalla esperienze e conoscenze di ciascuno.
Erik Weihenmayer ha scalato l’Everest fino alla cima ed é completamente cieco

Nel 2004, con Sabriye Tenberken e sei adolescenti tibetani ciechi, si arrampicò sul lato nord dell’Everest fino a 6500 metri, raggiungendo un’altitudine superiore a qualsiasi punto che un gruppo di non vedenti abbia mai raggiunto .
Nel 2006 é uscito un documentario sul progetto, Blindsight.
L’obiezione potrebbe essere che questi erano preparati e magari avevano una equipe di supporto esperta e dedicata.
Io mi sto allenando da diversi mesi godo di buona salute ma rimane il fatto che nessuno sa come riusciró a cavarmela camminando per 15 o piú giorni, oltre i 3000 metri.
Ai problemi legati a vista e udito devo sommare quelli che tutti, indistintamente, possono avere, connessi con l’altitudine.
Sto cercando di prendere tutte le dovute precauzioni, ma sono consapevole della dose di rischio, sono pronto a correrlo e, in questo momento, anche alle conseguenze, sapendo che si tratta di un rischio molto calcolato e che ogni inconveniente possibile non sará molto diverso da un incidente in biciletta o in auto.
Siamo costantemente a rischio, qualsiasi siano le nostre attivitá quotidiane e la uniche risposte oggettive sono le statistiche. Sterili numeri che non spaventano quanto un aereo che cade.

L’avventura non é neccessariamente piú pericolosa.

Ho cercato informazioni sul rischio della bassa pressione per chi ha la retinite pigmentosa e non ho trovato molto materiale.
Ho posto la domande in qualche gruppo Facebook e pare che tutti conoscano qualche cieco che ha fatto qualche impresa estrema.
Ho chiesto al mio oftalmologo e in effetti l’elevata concetrazione di radiazioni UV e la carenza di ossigeno potrebbero essere pericolose. Per la prima occorre avere occhiali con filtri selettivi, per la seconda credo che il rischio sia simile a quello delle sigarette che fumo.

Questa avventura é legata all’ipovisione e alla Sindrome di Usher?

Se un tempo non sapevo fino a che punto collegare il mio spirito da esploratore e viaggiatore alla disabilitá, oggi sono quasi certo che il legame ci sia, anche se non saprei darne una spiegazione razionale. Magari qualche seduta da uno psicologo potrebbero aiutarmi a trovare una risposta, ma finora ho preferito godermi gli effetti della domanda.
Anzi, in questo caso vorrei proprio promuovere l’avventura per far conoscere meglio l’ipovisione in generale e la retinite pigmentosa e la Sindrome di Usher in particolare.

Cosí il 12 Marzo 2015 parto. Destinazione Kathmandu.
E già questa sarà una esperienza non da poco per un ipovedente.
Come tutte le città asiatiche é caotica, chiassosa, probabilmente buia e piena di ostacoli.
Ma sono convinto che con l’aiuto di qualche gentile nepalese e qualche incontro casuale me la caveró alla grande.
Mi serviranno un paio di giorni per ultimare i preparativi e comprare la maggior parte dell’attrezzatura.
Poi sará tutto da scoprire. Da vivere. Da camminare.
Ancora una volta riparto dai piedi.
Ho un´idea piuttosto chiara dell’itinerario e delle tempistiche, visto che negli ultimi giorni non ho fatto altro che comparare prezzi delle varie agenzie che offrono il trekking e consultare la tappe, ma ovviamente, e per fortuna, sará tutto diverso da come lo immagino.
E anche questo lo trovo super eccitante.

I dettagli da considerare sono moltissimi. Le guide e i siti internet sono pieni di informazioni che occorre filtrare e catalogare.

I punti più importanti sono
1. Scelta della agenzia a cui affidare l´organizzazione. Ce ne sono una miriade a diversi prezzi e per me la scelta é particolarmente delicata. Ho deciso di non aggregarmi a gruppi giá formati perché non so quali potranno essere le mie esigenze. Preferisco avere la possibilita’ di avere una guida dedicata a me, che possa camminare sempre vicino a me

2. Assicurazione di viaggio. Devo accertarmi che copra anche attivitá di trekking in alta montagna e che copra in caso di incidenti anche se sono disabile.

3. Cosa mettere nello zaino, cosa comprare in Europa e cosa comprare a Kathmandu. Nel mio caso oltre a quello che tutti dovrebbero mettere in lista ho aggiunto gli occhiali a filtri selettivi e molte batterie di scorta per le mie torce elettriche.

Sará un viaggio costoso. Biglietto aereo, agenzia e attrezzatura. Ho deciso di regalarmi questa avventura. In qualche modo forse la regalo anche a tutti quelli che si fanno fermare dai propri limiti, siano essi considerati disabilitá o meno.

Il viaggio lo pagheró di tasca mia, tuttavia raccoglieró donazioni e sponsorizzazioni per investire in Noisyvision e nei progetti collegati a questo nome.

Noisyvision ha bisogno di fare un salto e passare da blog e pagina Facebook ad un vero e proprio progetto di networking, legato alla mobilitá e al mondo di chi ama i propri limiti.
Scelgo di partire dall’Himnalaya, il punto piú alto del mondo, per rovesciare una miriade di pollici gialli e contagiare tutti con #yellowtheworld

Questa niziativa è sponsorizzata da

 

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